Aggiungere una sostanza acida, di norma succo di limone o aceto, all’acqua di cottura o di mantenimento di un alimento, tipicamente frutta o verdura, principalmente con lo scopo di impedirne o ritardarne l’ossidazione.

E’ un gelificante naturale ottenuto da particolari specie di alghe rosse. Grazie al suo alto potere gelificante e al sapore particolarmente neutro è ottimo per la produzione di gelatine alimentari.

[approfondisci in BASI/ADDENSANTI E GELIFICANTI]

Spicchio d’aglio con la buccia.

Risotto particolarmente “cremoso” ma né troppo asciutto né troppo brodoso. Il nome deriva dal fatto che muovendo la pentola con un colpo secco, il risotto produce una sorta di onda fluida e cremosa.

Tenere a bagno in un liquido (acqua, latte, liquore, ecc.) alimenti precedentemente disidratati (funghi, uvetta, stoccafisso, ecc.) affinché diventino “molli” assorbendo parte del liquido in cui sono immersi.

L’Aneto è un’erba aromatica, poco impiegata nella cucina italiana, della quale si utilizzano le foglie fresche, che hanno sentori di anice e finocchio e i semi essiccati, con un sapore più intenso che ricorda il cumino.

[approfondisci in SPEZIE ED ERBE AROMATICHE]

I – Far appassire una verdura (tipicamente cipolle) significa cuocerle a fuoco molto basso, eventualmente con poco grasso o poca acqua o brodo, in modo che diventino molto morbide ma senza che prendano colore come invece avviene di norma soffriggendo.

II – naturale processo di deterioramento dei vegetali che con il passare del tempo perdono freschezza, avvizzendo.

Sensazione olfattiva che si prova mangiando un alimento, in conseguenza delle caratteristiche “chimiche” dello stesso.

Avvolgere un pezzo di carne da arrostire con sottili fette di pancetta o lardo per evitare che si secchi durante la cottura.

I bigoli sono una pasta lunga, simili agli spaghetti, ma molto più spessi e con una superficie piuttosto ruvida.

Si tratta di un formato piuttosto antico, originario del veneto e diffuso anche nella Lombardia orientale e nella Venezia Giulia.

Si preparano con farina di grano tenero e acqua, ma ne esistono varianti anche con farina di grano saraceno e altre con uova, e presentano di norma un diametro di 3 o 4 mm.

Un tempo venivano preparati con un torchio dotato di trafila al bronzo e chiamato bigolaro.

Alimento costituito dall’ovario di pesce, generalmente muggine (cefalo) o tonno, colmo di uova, che viene salato ed essiccato con procedimenti tipici tradizionali. Viene impiegato grattugiato, generalmente su piatti di pasta (spaghetti). La bottarga di muggine è prodotta in Sardegna (tipica è quello dello Stagno di Cabras) e a Orbetello, mentre quella di tonno (rosso) viene prodotta in Sicilia, Sardegna e Calabria.

Spaghettoni spessi e lunghi a base di acqua e farina di grano tenero (senza uova) in alcuni casi con aggiunta di farina di mais. Originari della Val Tiberina (Umbria) ma tipici anche nell’Aretino e diffusi in tutta l’Umbria, la Toscana e le Marche. In alcune zone sono chiamati brigonzoli, in altre bringuili e in altre ancora biche,

Una volta preparato l’impasto di farina di grano tenero e acqua, per la preparazione dei bringoli vi sono due diversi metodi:

1. Con il mattarello viene tirata una sfoglia spessa dai 5 agli 8 mm circa.  Si tagliano quindi dapprima delle strisce larghe una decina di centimetri dalle quali successivamente si ritagliano piccole strisce, larghe circa 1, le quali vengono infine arrotolate con le mani sulla spianatoia fino a formare dei grossi spaghetti lunghi dai 20 ai 30 cm circa.

2. Si “strappano” dall’impasto dei pezzetti e si lavorano a mano facendoli rotolare sulla spianatoia fino ad ottenere di grossi spaghetti dai 20 ai 30 cm circa.

Il brodetto di pesce, o semplicemente brodetto, è la caratteristica zuppa di pesce delle cucine delle regioni italiane che si affacciano sull’Adriatico (in particolare nelle cucine veneta, romagnola, marchigiana, termolese e abruzzese).

vai alla pagina del brodetto alla vastese

Il taglio brunoise, utilizzato solo per le verdure, consiste in piccoli cubetti spessi circa 2 mm (da 1 a 3 mm). Le verdure (in genere carote, sedano, zucchine e patate) vengono prima tagliate à la julienne e poi ancora tagliate in modo da ottenere dei piccoli cubetti.

I. Formato di pasta secca di grano duro, simile ai mezzi paccheri ma più corta. Il nome deriva dal fatto che, una volta cotta, assomiglia agli anelli di calamaro.

II. Piatto tipico napoletano a base di pasta formato calamarata (o anche mezzi paccheri) e calamari. v. ricetta calamarata

Il capuliato (capuliatu in dialetto siciliano), noto anche come capuliata, è un condimento tradizionale della cucina siciliana, in particolare di Vittoria, a base di pomodori secchi tritati (capuliatu significa appunto tritato).

Gli ingredienti di base sono i pomodori secchi, l’olio d’oliva e il basilico. Normalmente sono presenti anche aglio, peperoncino piccante e origano. Spesso, al momento di utilizzarlo come condimento, vengono aggiunti capperi sotto sale (dissalati) e alici, sempre sotto sale.

Recipiente da cottura con altezza inferiore al diametro. Casseruola bassa: altezza inferiore alla metà del diametro. Casseruola alta: con altezza inferiore al diametro ma superiore alla metà dello stesso. Esistono sia tonde che ovali. In quelle tonde il calore si distribuisce meglio ma quelle ovali consentono di cuocere un pezzo intero di carne, un pollo o un pesce intero.

cavatelli sono una pasta originaria del Molise, poi diffusasi in Puglia (dove spesso sono chiamati capunti) e oggi molto utilizzata (con nomi diversi da zona a zona) anche in Abruzzo, Basilicata, Campania, Calabria e Sicilia.

Fanno parte, insieme a orecchiette, strascinati e altri formati, delle cosiddette paste trascinate (o strascinate). Sono realizzati con un impasto di semola di grano duro e acqua e hanno una forma allungata e incavata. La lunghezza varia, a seconda dei paesi, in base a quante dita (o meglio punte di dita) vengono usate per trascinarli. Da molto corti per quelli fatti con solo un dito a  molto lunghi quelli trascinati con quattro dita.

v.ricetta dei cavatelli al sugo vedovo

Come si realizzano

Impastate la farina, con un pizzico di sale e un po’ di acqua tiepida. Lavorate l’impasto per una decina di minuti. Formate una palla e lasciatela riposare per 15/30 minuti, a temperatura ambiente e coperta con un canovaccio.

Prelevate una parte dell’impasto e realizzate un lungo “serpente” del diametro di circa 8/10 millimetri. Tagliatelo in cilindretti lunghi due o tre dita**. Il tutto aiutandovi con un po’ di farina. Prendete quindi un cilindretto e con la punta dell’indice e del medio (o dell’indice, del medio e dell’anulare) fate una leggera pressione e trascinatelo verso di voi, avrete ottenuto un cavatello. Ripetete l’operazione fino ad esaurimento dell’impasto. Mettete i cavatelli su un canovaccio con un po’ di farina.

Alcuni preferiscono, in luogo dei cilindretti, dei rettangolini larghi un centimetro e lunghi due o tre dita** tagliati da una sfoglia piuttosto spessa.

**) La punta dell’indice e del medio affiancate o la punta dell’indice, del medio e dell’anulare affiancate. Ma se volete potete fare anche un dito o quattro dita.

Taglio a striscioline sottili usato per insalate e verdure a foglia (crude).

Salume insaccato tipico di Marche e Umbria. E’ caratterizzato da una grana molto fine e presenta la particolarità di essere spalmabile.

La cima di rapa (Brassica rapa sylvestris esculenta) è un ortaggio coltivato prevalentemente in Puglia, Campania, Lazio, Molise e Calabria, del quale si utilizzano prevalentemente le infiorescenze (prima che fioriscano) e le foglioline che le circondano. Le infiorescenze (con le foglioline che le circondano) a Roma vengono chiamate broccoletti e a Napoli, cotte nell’olio (un tempo nella sugna) con aglio e peperoncino, friarielli.  Tra le ricette più famose, ricordiamo le orecchiette alle cime di rapa pugliesi (v.). A Napoli, i fiarielli sono molto spesso serviti con salsicce di maiale.

Emulsione (v.) di olio e succo di limone (di solito con aggiunta di sale e pepe). Viene impiegata per condire insalate, carni bianche, pesci grigliati e altre pietanze.

Dadolata (v.) di piccole dimensioni di pomodoro, preventivamente spellato e privato dei semi e dell’acqua di vegetazione.

Tecnica di cottura a bassa temperatura (intorno ai 90°) di pesce, carni e verdure con il proprio grasso, o olio e/o zucchero e/o aceto. Originaria del su-ovest della Francia, era principalmente utilizzata per la preparazione e conservazione (il nome deriva da confir; preservare) di oca e anatra.

Oggi è molto utilizzata per la preparazione i verdure, in particolare i pomodorini.

Pomodorini confit: tagliare i pomodorini a metà e disporli su una placca da forno con la parte tagliata rivolta verso l’alto. Salarli e, a piacere, spolverarli con un trito di origano e aglio, cospargerli di zucchero e cuocere in forno per 2 ore, circa, a 100/120°. Si prestano ai più svariati impieghi: come aperitivo, per arricchire piatti di pasta o per accompagnare pietanze di pesce o carne.

Metodo di conservazione degli alimenti che consiste nel portarli a temperature tra -7°C e -12°C ( -18°C per carne e pesce). I prodotti congelati devono essere conservati temperature tra -10°C e -30°C. Al momento del loro scongelamento si verifica una parziale perdita dei valori nutritivi e organolettici, in particolare negli alimenti con struttura cellulare più debole. Pur essendo un metodo efficace per allungare la conservazione dei cibi, la congelazione non permette di bloccare al 100% l’attività degli enzimi, con conseguente deterioramento nel tempo della qualità originaria del prodotto.

Costola di vitello, maiale o agnello macellato, tagliata insieme con la carne che la ricopre, da cuocere arrosto o fritta.

Francesismo, entrato largamente nell’uso in luogo di “costoletta” (v.). Comunemente usato per indicare una costoletta di vitello o maiale, con o senza osso,  impanata e cotta in burro o olio. V. Cotoletta alla Milanese nella sezione ricette.

Preparazione ottenuta tagliando a cubetti, di circa 5/10 mm di lato, uno o più alimenti.

Sciogliere con vino o brodo (a volte anche acqua) i sughi rappresi sul fondo della padella o della casseruola al termine della cottura di una preparazione, in genere, di carne, in modo da ottenere una salsa. Procedimento: togliere dalla padella l’alimento cotto, eliminare eventuali eccessi di grasso, accendere il fuoco, aggiungere un po’ di vino o brodo, raschiare il fondo della padella, passare il tutto con un colino, metterlo in un pentolino, scaldare fino a quando il composto avrà raggiunto la giusta consistenza. La salsa scura ottenuta viene di norma utilizzata per nappare (v.) o accompagnare la stessa carne da cui l’abbiamo ricavata o per “condire” paste o risotti.

Togliere le lische ad un pesce (crudo, cotto o conservato).

Eliminare il sale da un alimento conservato sotto sale o in salamoia, generalmente mettendolo sotto acqua corrente.

Marchio di qualità attribuito dall’Unione Europea a prodotti agroalimentari (e vini) di qualità.

Sinonimo di commestibile.

Miscelare, mescolandoli energicamente, due liquidi non amalgamabili tra loro (ad esempio olio con aceto o olio con limone). La miscela ottenuta, detta emulsione, è però instabile, cioè se lasciata “riposare” i componenti si separano nuovamente. L’emulsione può essere resa stabile mediante l’aggiunta di una sostanza “legante”, detta emulsionante (ad esempio il tuorlo d’uovo funge da emulsionante tra l’olio e il limone, rendendo la maionese un’emulsione stabile.

Tecnica casearia che permette la realizzazione di formaggi con all’interno striature o chiazze verdi-blu costituite da particolari muffe del genere pennicillum. I formaggi così ottenuti sono detti appunto erborinati (quelli francesi sono chiamati bleu e quelli inglesi blue cheese).

I formaggi erborinati sono molti, tra i più famosi si annoverano il gorgonzola, il roquefor e il blue stilton,

Il termine erborinatura deriva dal fatto che le muffe colorate sembrano foglioline di prezzemolo (in dialetto milanese erborin).

v. mussola

Togliere le interiora (viscere) da pesce o carne, prima di cucinarli.

I – (flambé) Dare fuoco in cottura ad un alimento precedentemente cosparso con un liquore (di norma brandy o cognac).

II – Eliminare i residui di piumaggio o di setole dalla pelle di alcune carni (es: pollo o maiale) passandole sul fuoco del fornello o usando un cannello da cucina.

Pasta tipica calabrese, in particolare delle zone di Vibo Valenza e Tropea, a base di semola di grano duro e acqua.

Chiamati anche filateddhifilatelli, maccaruni ‘i casaricci di donna, strangugghi e anche maccheroni calabresi.

Vengono preparati realizzando con l’impasto dei cordoncini di circa 5 mm (o poco meno) di diametro, lunghi circa 4 o 5 cm. Questi cordoncini vengono quindi “arrotolati”, per il senso della lunghezza, su un ferretto (un tempo si usava il fusto della disa (ampelodesmos mauritanicus), una pianta selvatica diffusa nel centro e sud Italia.

Tradizionalmente vengono abbinati a condimenti piuttosto corposi e saporiti, come il ragù di capra, di maiale o di selvaggina e il sugo con la ‘nduja.

v. erborinatura

Friarelli, da non confondere con friarielli (v.) è un’altro modo con il quale vengono chiamati, localmente, i friggitelli.

Termine con il quale, a Napoli, si indicano le cime di rapa (v.), o meglio le loro infiorescenze (raccolte prima che fioriscano) e le foglie che le circondano, cotte nell’olio d’oliva, con aglio e peperoncino. Molto spesso vengono servite insieme a salsicce di maiale, anch’esse cotte in padella nell’olio.

In Campania, ma non a Napoli, per friariello si intende anche il peperoncino verde o di fiume, noto anche come peperunciello e’ ciumm, un peperone lungo circa 5-6 cm e di colore verde scuro. Questi peperoncini a Napoli sono chiamati puparulilli o puparulilli d’o sciummo.

Tecnica di preparazione della carne, di solito pollo o coniglio, ma anche agnello, vitello, manzo, maiale, fegato e frattaglie.

La carne viene tagliata a tocchetti, rosolata e poi cotta a lungo (con burro e erbe aromatiche) e infine insaporita con una salsa a base di uova (o tuorli d’uovo) e limone.

Nello stesso modo possono essere preparate anche le verdure (carciofi, funghi, patate, carote) sia da sole che insieme alla carne.

Piccoli peperoni dolci, dalla forma allungata, molto diffusi in Campania, Abruzzo e Puglia. Vengono preparati prevalentemente fritti in padella con olio, aglio, peperoncino piccante e altri ingredienti.

Parte commestibile della noce.

Procedimento per ottenere una crosticina dorata e croccante sulla parte superiore di una pietanza, lasciando però morbido il resto della pietanza.

Una volta cotta la pietanza, o negli ultimi minuti di cottura, cospargerne la parte superiore con formaggio grattugiato o, a seconda del piatto, pane grattugiato, riccioli di burro, besciamella, ecc. e mettere sotto il grill per il tempo necessario alla formazione di una crosticina dorata.

Le pietanze così preparate sono dette al gratin.

Piccolo ammasso rotondeggiante formato da parti di sostanze (es.: farina) non ben disciolte.

Salsa di cottura piuttosto liquida per la cottura “in umido”, con pomodoro. 
Ma anche la pietanza cotta in tale modo. (es.: un guazzetto di pesce oppure pesce in guazzetto).
Cuocere in guazzetto significa appunto cuocere in umido in una salsa piuttosto liquida, con pomodoro. 

Salsa a base di ceci e sesamo, tipica della cucina mediorientale.

Bevanda alcolica, di origini antichissime, ottenuta mediante la fermentazione del miele. La gradazione alcolica dell’ippocrasso varia da 8% a 17% vol.

Marchio di qualità attribuito dall’Unione Europea a prodotti agroalimentari (e vini) di qualità. Rispetto alla DOP (v.) prevede norme meno restrittive: un legame con il territorio meno restrittivo ed un disciplinare di produzione più elastico.

Antica bevanda a base di vino e miele, aromatizzata con cannella e zenzero, oltre ad altre erbe e spezie, variabili a seconda della zona di produzione. Oggi è prodotto e consumato in modeste quantità e solo in poche zone di francia e Svizzera mentre da altre parti viene prodotto solo per il suo valore di £bevanda storica”.

Il taglio à la julienne è un tipo di taglio utilizzato in cucina, che consiste nel tagliare la preparazione in bastoncini di lunghezza variabile (comunemente 4-5 cm) e molto sottili (sezione quadrata di circa 2 mm di lato). Si utilizza in particolar modo per le verdure (in particolare cipolle, carote, sedano, zucchine, peperoni, patate, melanzane e funghi).

Salsa agrodolce a base di pomodoro.

Inserimento (con un apposito ago) nella carne, prima della cottura, di listelli di pancetta o di lardo, tagliati a bastoncino. Lo scopo è quello di “ammorbidire” tagli di carne particolarmente magri. L’inserimento deve essere effettuato seguendo il senso delle fibre della carne. I pezzi di lardo o pancetta possono essere preventivamente insaporiti rigirandoli in un battuto di erbe aromatiche.

Conosciuti anche come gnocchetti sardi. Sono una pasta tipica della Sardegna, fatta con semola e acqua e con conchiglie rigate con lunghezza di 2 o più centimetri. Vengono conditi con varie salse, la ricetta più famosa è quella dei Malloreddus alla campidanese (v.)

I malloreddus sono zona del Medio Campidano. Nel resto della Sardegna sono diffusi ma con dimensioni un po’ più piccole e prendono in genere il nome di macarrones de punzu.

Rendere morbida e cremosa una preparazione, mescolandola velocemente con un grasso (generalmente burro ma anche olio) e/o un alimento grasso (panna, parmigiano, ecc.).

Tipico esempio di mantecatura è quella del risotto: al termine della cottura, fuori dal fuoco, si aggiunge burro e parmigiano grattugiato e si mescola velocemente fino ad ottenere un risotto morbido e cremoso.

Dadolata di taglia media (5-6 mm) di verdure. Generalmente si riferisce ad un misto di cipolle, carote e sedano tagliati a piccoli cubetti che può essere crudo, soffritto, saltato con un grasso o arrostito. Può essere arricchito con erbe aromatiche o cubetti di pancetta o prosciutto.

Pulire un alimento, eliminando le parti non commestibili o troppo dure, al fine di prepararlo per la cottura o per tagliarlo poi nella forma e misure desiderate. Generalmente riferito alle verdure.

Prodotto gastronomico generalmente molto piccante realizzato prevalentemente con frutta, zucchero ed essenza di senape. Viene normalmente consumato in abbinamento a piatti di carne.

Tessuto a trama molto fine usato per filtrare brodi, salse o altri liquidi.

Coprire un alimento con una salsa, un sugo o un fondo di cottura.

I. Frutto secco, costituito da un guscio e un seme interno commestibile (gheriglio).

II. Taglio pregiato di carne bovina, ricavato dalla parte interna della coscia posteriore.  E’ uno dei tagli preferiti per essere cucinati arrosto.

III. Piccola quantità di burro, grande appunto quanto una noce.

Nell’industria casearia, caratteristica di alcuni formaggi la cui pasta si presenta internamente provvista di buchi. Il termine è usato anche nell’industria dei salumi per indicare sia le dimensioni sia la distribuzione dei pezzi di grasso nell’impasto

Sinonimo di “erbe aromatiche”.

Particolare tipo di pangrattato tipico della cucina giapponese, particolarmente indicato per preparare alimenti da friggere. I fritti “impanati2 con panko risultano particolarmente “leggeri” e croccanti in quanto durante la frittura ingloba aria e si gonfia ma non si impregna del grasso di cottura.

Eliminare da carne o pollame, prima di iniziare la cottura, le parti indesiderate (es.: pelle e grasso) e quelle non edibili (es.: ossa, tendini e cartilagini).

L’insieme di grasso, ossa e nervi che vengono eliminati dalla carne. Tipicamente gli scarti della carne con i quali si prepara il brodo.

Marchio di qualità attribuito dalla Repubblica Italianaa quei prodotti agroalimentari le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo.

Recipiente di cottura che bloccando (entro certi limiti) la fuoriuscita di aria e vapore, consente di elevare il punto di ebollizione dell’acqua a circa 120° C, consentendo di ridurre considerevolmente il tempo di cottura degli alimenti. A livello del mare, con una pressione atmosferica di circa 1 bar, l’acqua bolle a 100° C, e tale temperatura non può essere superata, fintanto che è presente acqua. Nella pentola a pressione, il vapore generato dal riscaldamento porta la pressione a circa 2 bar, innalzando così la temperatura di ebollizione. In sintesi, nella pentola a pressione gli alimenti vengono lessati a 120° in luogo dei normali 100°. Nelle pentole a pressione sono presenti due valvole, una “di cottura”, che serve appunto a regolare la pressione interna e a ridurla al termine della cottura e un’altra “di sicurezza” che serve ad evitare che all’interno della pentola si raggiungano pressioni pericolose.

Peperoni dolci (Peperone di Senise IGP) essiccati e consumati fritti. “Crusco” significa croccante. I peperoni cruschi sono tipici della Basilicata. Vengono consumati come contorno o come ingrediente di alcune ricette, es: “strascinati mollicati”.

Peperoni piccanti calabresi, intrecciati per essere essiccati (e conservati) interi, appesi. La resta è appunto la “treccia” di peperoni.

Salsa “a crudo” a base di olio d’oliva, sale e pepe e facoltativamente aceto, utilizzata prevalentemente per intingervi ortaggi crudi (finocchi, sedano, carote, puntarelle, ravanelli ecc.)

A Roma, dove è particolarmente diffuso, è detto anche cazzimperio.

Sono un formato di pasta tipico della Valtellina ed in particolare di Teglio. Si tratta di una sorta di tagliatelle corte e spesse, realizzate con farina di grano saraceno, farina di grano tenero e acqua.

Vengono tipicamente cucinati con patate, verze, burro fuso e formaggi della Valtellina. V. ricetta Pizzoccheri di Teglio

Tecnica di preparazione della carne (pollo, coniglio, agnello), del pesce (coda di rospo, stoccafisso, vongole) e delle verdure (melanzane, patate, pomodori) tipica delle Marche.

L’ingrediente viene brasato in un sugo ristretto di vino bianco, olio di oliva, aglio, rosmarino e pomodoro.

Temperatura a cui un grasso alimentare riscaldato comincia a rilasciare sostanze volatili che divengono visibili sotto forma di fumo con contestuale rilascio di sostanze tossiche.

Polpettina ovale preparata con carne o pesce finemente tritati in modo da ottenere un composto quasi cremoso mescolato con uova e grassi e successivamente cotta in (poca) acqua oppure in forno con l’aggiunta di besciamella. La caratteristica forma dipende dal fatto che viene modellata tra due cucchiai.

Condimento a base di pomodoro e carne macinata o tagliata a pezzi cotta per molte ore a fuoco basso.

Nell’ambito della conservazione alimentare si parla di refrigerazione quando gli alimenti sono conservati a una temperatura compresa fra 0°C e 10°C.

La refrigerazione rallenta, ma non blocca, il deperimento dei cibi. I prodotti refrigerati possano essere conservati per periodi di tempo limitati: da due giorni a due settimane,  a seconda della tipologia di alimento.

Concentrare una salsa, un sugo, un brodo o altro liquido mediante evaporazione. Il liquido viene fatto bollire o sobbollire in modo che, con l’evaporazione dell’acqua, si concentrino le sue caratteristiche aromatiche.

Cuocere in padella, con un grasso di cottura e generalmente a fuoco vivace, un alimento fino a quando esternamente non abbia assunto un colore bruno.

Sono un formato di pasta tipico Abruzzese ma diffuso anche in Ciociaria, Molise, Valle Latina e altre zone montane del Lazio, nonché nel Salento leccese.

Tradizionalmente l’impasto è  base di soli acqua, farina e sale. Oggi sono però diffuse anche nella versione con pasta all’uovo.

Il formato tipico delle sagne è romboidale. Spesso però (in base alla destinazione e alla zona) sono realizzate anche in forma di listelli piatti o anche di piccoli quadrati.

Attrezzatura presente nelle cucine professionali che serve per gratinare e tostare velocemente le pietanze o anche per mantenere i piatti in caldo. Si tratta sostanzialmente di un forno (non molto grande) dotato di  un grill molto potente, normalmente ha i lati aperti. La fonte di calore della salamandra è situata in alto, sopra il cibo e, solitamente, prevede la possibilità di regolare la distanza tra la fonte di calore ed il cibo. Nelle cucine domestiche, per gli stessi impieghi, si utilizza il “grill” superiore del forno.

Soluzione di sale e acqua in proporzioni di 1/2,5. Si ottiene facendo sobbollire (v.) del sale fino in acqua (40 g di sale ogni 100 ml di acqua) e filtrando il liquido ottenuto con una mussola (v.). Utilizzato con uno spruzzino consente di correggere tutte le preparazioni che a fine cottura risultino insipide e alle quali non sia opportuno aggiungere normale sale. (es.: pasta).

Salsa tradizionale siciliana, ma diffusa anche in altre zone, utilizzata per condire pesce e carne (a volte anche verdure) cotte alla brace. La versione utilizzata per il pesce e le carni bianche è a base di olio e succo di limone, con aglio, prezzemolo, origano, sale e pepe. Nella versione per le carni rosse si sostituisce, generalmente, il succo di limone con aceto e si omette il prezzemolo.

v. sbollentare.

Immerge un alimento in acqua bollente, generalmente salata, per un periodo di tempo molto breve (indicativamente tra i 30 secondi e i 3 minuti).
Questa operazione viene fatta per scopi diversi: dare una prima pre-cottura, eliminare sapori troppo forti, cuocere verdure molto tenere, agevolare la sbucciatura di pomodori e altre verdure, ecc. Per le verdure contenenti clorofilla, la sbollentatura immediatamente seguita da immersione in acqua molto fredda (o acqua con ghiaccio) serve ad intensificare e fissare il colore verde.

Bulbo della pianta omonima, simile alla cipolla sia per caratteristiche che per gli impieghi. Ha un sapore molto simile alla cipolla ma più delicato ed aromatico. Le versioni più diffuse in commercio in Italia sono quelle coltivate in Romagna (IGP) e nel sud della Francia.

Tagliare, di sbieco, a fettine piuttosto sottili e regolari, un pezzo di carne o un grosso pesce.

Marinata di pesce o verdure, in cui gli alimenti vengono dapprima fritti e quindi aromatizzati con aceto, con l’aggiunta di aglio e/o spezie ed erbe aromatiche. Si tratta di una preparazione di origine spagnola (escabeche) diffusa particolarmente nel meridione e in Liguria (scabeccio). La preparazione più nota sono le zucchine in scapece.

Attrezzo per scavare degli alimenti (es.: frutta) e/o ricavarne delle palline.

Togliere un ingrediente dal suo liquido di cottura.

Cuocere leggermente le superfici di un alimento. Si può “scottare” in padella, sulla griglia, in acqua bollente, in forno, ecc. Se fatto in acqua bollente è sinonimo di sbollentare (v.) o sbianchire.

Separare i filetti (le parti carnose) di un pesce, mantenendoli interi, dalla lisca e dal resto del pesce.

Bagnare con un liquido (generalmente vino) un alimento, molto caldo, tenendo la fiamma alta, in modo che il liquido evapori in un tempo brevissimo.

Bevanda alcolica (da 2% a 7% vol.) ottenuta dalla fermentazione delle mele 0, in alcuni casi, delle pere.

Cuocere un alimento in un liquido (generalmente acqua o brodo) ad una temperatura leggermente inferiore a quella di ebollizione.

Cuocere in poco grasso ad una temperatura inferiore a quella di frittura.

Gnocchetti di forma irregolare a base di farina di grano tenero e uova. Originari di Svevia e Baviera, sono molto diffusi anche in Alsazia, Alto Adige, Svizzera, Tirolo e  Trentino.

Piccolo coltello con lama (in genere lunga tra 6 e 9 cm) dritta o curva (a becco), usato per sbucciare e tornire la frutta, per mondare alcune verdure e per altre piccole lavorazioni di cucina.

Introdurre in un pezzo di carne da cucinare, listelli di lardo, pancetta, prosciutto, erbe, aromi, verdure o altro. L’operazione viene fatta con la punta di un coltello o meglio con un apposito attrezzo (ago per lardellare). Vedi anche lardellare.

Sciogliere una sostanza (es.: zafferano, lievito, concentrato di pomodoro) in acqua, brodo, latte o altro liquido. In genere si stempera una sostanza al fine di renderne più agevole il suo successivo utilizzo o per ridurre la possibilità della formazione di grumi.

Marchio di qualità attribuito dall’Unione Europea a prodotti agricoli o alimentari ottenuti da composizioni o tramite metodi di produzione tradizionali, legati alla tradizione di una zona.

Gli strangozzi sono il formato di pasta più rappresentativo dell’Umbria. Realizzati con farina di grano tenero e acqua, sono di forma piuttosto irregolare, lunghi circa 30 cm, spessi circa 2 mm e larghi da 3 a 4 mm.

In alcune zone prendono il nome di stringozzi, ma anche strengozzi o strongozzi.

Strangozzi al tartufo nero di Norcia – ricetta

Eliminare i residui di piumaggio o di setole dalla pelle di alcune carni (es: pollame o suini) passandole sul fuoco del fornello o usando un cannello da cucina. Oggi è più usato il sinonimo fiammeggiare.

Tecnica di conservazione degli alimenti che consiste nel portarli in brevissimo tempo alla temperatura di -18°C. La rapidità di raffreddamento determina la formazione di cristalli di acqua molto piccoli e che quindi non danneggiano la struttura biologica degli alimenti. Le caratteristiche organolettiche e nutrizionali dell’alimento surgelato rimangono pressoché inalterati rispetto al prodotto originale. La temperatura degli alimenti surgelati deve essere sempre mantenuta a -18° C (o inferiore) fino al momento dello scongelamento.

La legislazione vigente prevede che si possano surgelare solo alimenti di assoluta freschezza e che “gli alimenti surgelati destinati al consumatore devono essere venduti in confezioni originali chiuse dal fabbricante, con materiale idoneo a proteggere il prodotto dalle contaminazioni microbiche o di altro genere”.

I

I tagliolini sono un formato di pasta fresca simile alle tagliatelle ma molto più stretti.

Ne esistono due versioni:

I. Tagliolini piemontesi (tajarin), originari delle Langhe e del Monferrato, sono realizzati con farina di grano tenero, tuorli d’uovo, sale e, a volte, olio. Sono molto fini (meno di 1 mm di spessore) e stretti (da 1,5 a massimo 3 mm). La ricetta tradizionale prevede l’impiego di tre o quattro tuorli d’uovo (di medie dimensioni) ogni 100 g di farina.

II. Tagliolini molisani, realizzati con semola di grano duro, acqua e sale, senza uova. Sono generalmente più larghi (3 – 4 mm) di quelli piemontesi e anche un po’ più spessi.

V. TAGLIOLINI

Preparazione a base di carne o pesce, crudi e finemente sminuzzati.

Cuocere un ingrediente in padella con un grasso e con aggiunta di aglio e prezzemolo. Utilizzata generalmente per alcuni vegetali (funghi, zucchine, melanzane, patate e pochi altri) e, in rari casi, per la carne (rognone e fegato). I vegetali vengono tagliati a fettine piuttosto sottili o ridotti a tocchetti. Come grasso di cottura viene impiegato generalmente olio d’oliva; a volte viene utilizzato del burro e, più raramente, altri grassi (strutto, lardo, ecc.). La cottura avviene, di norma, a fuoco vivace e per un tempo molto breve (qualche minuto). In caso di vegetali che richiedono una cottura piuttosto lunga (es.: patate), questi vengono dapprima lessati interi in acqua leggermente salata (o cotti con altra tecnica) e successivamente tagliati a pezzi o fette e quindi trifolati.

Formato di pasta fresca originario del Foggiano, presenti anche in altre zone della Puglia, nella Sabina reatina, a Chieti e in Basilicata.

Sono dei tagliolini a base di semola di grano duro e acqua (a volte con l’aggiunta di albume d’uovo) rustici e spessi, molto simili agli spaghetti alla chitarra, realizzati con un apposito mattarello munito di “lame” di metallo o legno duro”, detto “troccolaturo” (ma anche troccolo o torcolo).

Questo tipo di pasta viene normalmente servita con sughi particolarmente ricchi, nel Foggiano spesso viene accompagnata con un ragù di carni miste.

Detta anche uvetta. Si tratta di alcune varietà di uva sottoposta ad un processo di essiccazione (naturale al sole o forzata mediante altri procedimenti) che comporta una concentrazione degli zuccheri del frutto. Le varietà più diffuse sono l‘uva sultanina (v.) e l’uvetta di Corinto (v.). Altre varietà comuni sono l’uva passa di Pantelleria, l’uva di Smirne, l’uva di malaga e l’uva cilena.

Nome con il quale in sicilia viene chiamata l’uvetta di Corinto (v.)

E’ una varietà di uva, di origine incerta (greca, turca o iraniana) tipicamente utilizzata in forma essiccata. Presenta chicchi abbastanza piccoli e dolci, un colore biondo-dorato ed è priva di semi. A volte il termine uva sultanina è usato impropriamente per indicare anche altri tipi di uva passa (v.)

Uva passa dai chicchi piccoli e molto scuri, tendenti al blu. Ha un gusto lievemente acidulo-dolciastro ed è priva di semi. Viene coltivata in prevalenza in Sicilia, in particolare a Lipari, in Grecia e in altre zone del Medioriente.  E’ la varietà di uva passa più utilizzata nelle preparazioni salate. In Sicilia è chiamata uva passolina.

Emulsione (v.) di olio e aceto, spesso con l’aggiunta di sale, pepe, senape o altri aromi. Viene impiegata per condire insalate, verdure crude o cotte, alcuni tipi di pesce e altre pietanze.

Piatto tipico della tradizione marchigiana. Sono delle lasagne condite con un ragù fatto con carne sminuzzata al coltello anziché tritata e nel quale sono presenti anche rigaglie di pollo. V. ricetta.

Striscioline finissime ricavate dalla scorza degli agrumi (in genere limone e arancia). Devono essere ricavate solo dalla parte esterna, senza la parte bianca (albedine). Si raccomanda di utilizzare agrumi non trattati chimicamente, che normalmente sono commercializzati con l’indicazione “buccia edibile”.

Attrezzo per ottenere le zeste da limoni o atri agrumi.

Modo di cucinare alcuni pesci facendoli cuocere con bietole e/o spinaci precedentemente lessati. Es.: seppie in zimino, calamari in zimino, ecc.