La bagna caoda (pronuncia: bagna cauda) è una ricetta originaria del Basso Piemonte, dove le acciughe, per vie commerciali, e l’olio d’oliva, sia tramite le stesse vie commerciali che per produzioni locali, erano assai diffusi e di facile reperibilità.
In origine era considerato un piatto del periodo della vendemmia; si narra, che venisse usato in particolare come ricompensa per i vendemmiatori.
Pur avendo origini remote, la ricetta della bagna caoda fa la sua comparsa sui ricettari solo nella seconda metà dell’800, in quanto, per la sua forte presenza d’aglio, per molto tempo è stata considerata una pietanza rozza e popolare.
La bagna caoda è oggi diffusa anche in Argentina (bañacauda), importata dagli emigrati piemontesi a fine ‘800.
Un tempo la bagna caoda veniva portata in tavola nello stesso recipiente di terracotta in cui era stata preparata, detto dian, e la temperatura veniva mantenuta ponendolo sopra uno scaldino di coccio riempito di braci, setto s-cionfetta. Oggi si preferisce servirla in recipienti individuali di terracotta, detti fujot, dotati di uno scaldino nella parte inferiore.
Il galateo della bagna caoda
Se servite la bagna caoda nei fornellini individuali (fujot), non ci sono particolari regole da seguire, ma se, più tradizionalmente, la servite in un unico recipiente (dian) comune a più commensali, questi dovrebbero attenersi ad alcune (poche) norme di buon comportamento:
- Le verdure devono essere solo “intinte” nella salsa e non devono essere usate come palette (in piemontese si dice “fare palot”) per prelevare grosse porzioni di salsa, a discapito degli altri.
- Per lo stesso motivo è “vietato” intingervi il pane.
- Non si devono, infine, intingere pezzi di verdure già morsicati.
Non è invece previsto alcun turno da rispettare: ogni commensale può intingere il proprio pezzo di verdura quando vuole.